Conosci il tuo nemico

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  1. RoxasDark
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    Alex Mercer | Zeusjpg 28 anni apparenti | Modified-a | Maschio SCHEDA

    Informazioni, la merce più ricercata nel mondo, la più difficile da trovare, la più pericolosa se persa, la più inutile se sbagliata.
    Una volta qualcuno aveva detto, conosci il tuo nemico, e avrai vinto la guerra; e quella che stavo muovendo io, era una guerra, una conquista verso la Majestic e le sue innumerevoli risorse, per poter completare il mio piano di sterminio dell'umanità.
    Ma proprio per questo, mi servivano informazioni; per me non erano mai state un problema, mi bastava consumare qualcuno, e tutto si risolveva in pochi istanti, ma negli ultimi giorni mi ero dato da fare, e sospettavo che la Majestic avesse capito che qualcuno stava facendo sparire le loro menti migliori.
    Per questo ero dovuto ripiegare su una soluzione secondaria, la ricerca di fonti in vecchio stile, parlare, pedinare, origliare, tutti mezzi comunque validi, sopratutto in un pub alle 23.00 di sera, quando le lingue sono sciolte dall'alcool.
    Trovare i contatti giusti era stato facile, mi bastava frugare nei ricordi di coloro che avevo già consumato per trovare a chi rivolgermi, ma farli parlare era appena più difficile.
    Stavo offrendo il terzo giro di Mojito ad una ragazza, una giovane scenziata della Majestic che sembrava sapere qualcosa degli esperimenti che si tenevano all'interno, ma, nonostante fosse alquanto ubriaca, ed evidentemente attratta da me, era restia a parlare, forse per paura, forse per lealtà, ma questo per me era un problema.
    Ero stufo di aspettare, era ormai ovvio che dalla ragazza non avrei cavato nulla, perciò mi alzai, incurante della sua voce e mi diressi fuori dal locale, dove era comunque assai affollato.
    Non vedevo nessuno che fosse nelle menti di nessuno di coloro che avevo divorato, e stavo per rinunciare ad una serata buttata via quando con la coda dell'occhio avvistai una giovane donna che mi era familiare.
    Non riuscivo a capire perchè, non era un personaggio di primaria importanza, ma ero sicuro di averla già vista nei ricordi di qualcuno: capelli lunghi e neri, abiti scuri e comodi, ombretto accentuato, aria malaticcia... potevo sentire l'odore di morte da dieci metri, era sicuramente malata, e l'andamento convinto mi disse che non era li per ballare.
    Lentamente cominciai a seguirla, osservandone gli spostamenti con prudenza, mentre spulciavo lentamente i ricordi che avevo acquisito alla ricerca del suo volto.
    Eccola!
    Pensai mentre in viso mi si dipingeva un sorrisetto divertito.
    Sherlock Mayer... È così che si chiama...
    Pensai soffermandomi sui ricordi di uno degli addetti alla sicurezza interna della Majestic, la ragazza era nella sua mente perchè risultavano delle indagini sull'agenzia fatte da lei. Risultava anche che era un pericolo secondario, dato che sembrava essere malata terminale di cancro ai polmoni, e, sicuri che sarebbe arrivata a morire da sola, non l'avevano ancora messa a tacere, un errore, perchè ora l'avevo trovata io.
    Afferrai uno scontrino abbandonato su un tavolo e scippai una penna ad un ragazzo li vicino, mentre continuavo a non perdere di vista la ragazza, e poi scrissi:
    "Vuoi informazioni sulla Majestic vero? Anche io, fatti trovare sul reto del locale fra cinque minuti."
    E poi, avvolgendo lo scontrino in una sigaretta che avevo estratto dal pacchetto che tenevo in tasca, glielo feci scivolare in tasca, dopo essermi avvicinato, facendo bene in modo che se ne accorgesse, ma che non potesse vedermi, dato che un istante dopo ero già sparito nella folla, diretto al retro del locale.
    Mi sedetti su un cassonetto vuoto, accendendomi una sigaretta e aspettando che la ragazza arrivasse.

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    Si fermò di fronte ad un locale piuttosto affollato. Aveva indosso come al solito dei pantaloni lunghi e attillati di colore nero, un corpetto stretto da nastri lucidi sulla schiena, nascosto da un mantello che le arrivava alle ginocchia. Nonostante non ci fosse troppo freddo era una sua abitudine metterlo quando andava a lavorare, a fare quel particolare lavoro, sopratutto perché era dotato di un ampio cappuccio che era perfetto per nascondere i suoi lineamenti nella penombra.
    A quell'ora della serata gli impiegati staccavano da lavoro e si recavano in gruppo ad ubriacarsi, cercando di conquistare qualche organo riproduttivo femminile e magari guadagnare qualche briciolo di dignità. La cosa rivoltante è che lo facevano anche quelli sposati.
    Le persone le urtavano le spalle freneticamente, come se fossero inseguiti da animali feroci. Quella realtà così delirante per la testa di Sherlock era una tortura. Quel chiasso, quelle luci lampeggianti e di mille colori. Palazzi grigi che ricoprivano il cielo di Tokyo.
    Ma era lì per lavoro e niente poteva mettersi tra lei e il suo ardente desiderio di scoprire la verità. Niente quel lancinante dolore alle tempie che sembrava perforarle la testa, lo ignorava concentrandosi sul suo obbiettivo o su una figura in particolare. Al momento, fissava il mare di teste di fronte a se, varianti di mille colori e acconciature diverse. Pensò di essere la più normale in mezzo a quella folla, in realtà spiccava molto di più proprio per il suo essere una persona insignificante. Sherlock emanava un'aura di mistero e di morte, come se stesse gridando a tutti di essere malata e di voler morire.
    Quella sera si trovava nei pressi del “258”, un pub rinomato per la sua ospitalità e l'affluenza di personaggi non importanti per la società, ma importanti per lei, quali: scienziati della Majestic, amministratori di società ad essa affiliate e così via. Così come tutti gli impiegati con un lavoro normale, anche quelli che stavano un po' sopra la media, necessitavano di giacere in un lago di rigetto a fine serata.
    Quando riprese a muoversi, nel chiacchiericcio della gente si insinuò il ticchettio delle sue scarpe, stivali lunghi e neri che si sistemavano stretti intorno al polpaccio fino al ginocchio e i pantaloni ci finivano dentro, alzati da un tacco di otto centimetri. Era rimasta ferma di fronte alla porta studiando l'ambiente, dalla sala fumatori usciva un puzzo di fumo che le penetrò nelle narici stuzzicando la sua voglia di nicotina, molte uomini offrivano da bere alle ragazze sedute da sole al bancone, probabilmente in solitaria volontariamente per attirare l'attenzione, l'alcool imperava nel locale. Era quello che la fermava dall'entrarci e svolgere il suo lavoro. Sherlock non reggeva l'alcool, era impossibile per lei non cadere ubriaca dopo qualche bicchiere. Aveva paura di finire a rivelare le sue informazioni a qualcuno che non avrebbe mai dovuto saperle.
    Si voltò dando le spalle al locale e abbassò la mano verso la tasca destra per prendere una sigaretta, la sua pelle sfiorò in quel momento un tessuto – pelle probabilmente – che sfrusciava via velocemente. Si voltò a destra e a sinistra con movimenti repentini cercando di identificare una figura che si allontanava e vestita di pelle, ma in mezzo a quella folla non riuscì a distinguere nessuno in particolare. Qualcuno l'aveva toccava e poteva averle fatto di tutto, Sherlock iniziò a vagliare tutte le ipotesi, anche quelle più improbabili, fin quando la sua mano infilata nella tasca non toccò la superficie liscia di un foglio, carta, quindi quel qualcuno le aveva semplicemente infilato un foglio in tasca. Sbuffò tirandolo fuori, leggendone il contenuto sgranò lentamente gli occhi. Si lasciò scappare dalle labbra un'imprecazione in un sussurro appallottolando il foglietto e ributtandoselo in tasca. Poteva essere una trappola ma non era poi così tanto improbabile che qualcuno avesse il suo stesso scopo, quello che la turbava di più era come era riuscito ad arrivare a lei. Era stata davvero così incauta da lasciare in giro tutte quelle informazioni su di lei? E se davvero non si trattava della Majestic, se quel qualcuno era riuscito a capire che lei stava indagando, allora anche la Majestic l'avrebbe capito di lì a poco o, l'aveva già capito.
    Voleva fumarsi una fottutissima sigaretta. La curiosità ebbe il sopravvento sulla ragione. Appena fù abbastanza vicina al retro del locale e abbastanza lontana dalla massa sudata di giapponesi, tirò fuori la pistola dal suo fodero e continuò a camminare lentamente nascondendola dietro la schiena, il dito pronto sul grilletto e la sicura levata. Il pacco di sigarette sembrava bruciarle la coscia, fremeva e urlava di voler essere fumato ma prima, doveva capire se si trattava di una trappola e se sì, doveva eliminare chi sapeva, anche a costo di uccidere.
    Quando fu davanti al mittente del foglietto – c'era solo lui nel retro del locale, doveva essere lui – Sherlock lasciò scivolare il braccio al suo fianco mostrando la pistola e tenendo a qualche metro di distanza da lui. Si trattava di un uomo, vestito in pelle, con un cappuccio calato sul viso era difficile riconoscerne i lineamenti, sembrava pericoloso solo a guadarlo. Fumava. La maggior parte dei suoi pensieri si stava dirigendo verso la sua tasca destra, verso il pacchetto di sigarette. La controparte cercava di non abbandonarsi al desiderio. « Allora – la sua voce profondamente turbata ma manteneva quel tono serio e un po' seccato di sempre – cosa vuoi?
     
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  3. RoxasDark
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    Alex Mercer | Zeusjpg 28 anni apparenti | Modified-a | Maschio SCHEDA

    Lentamente, molto lentamente, la sigaretta si stava consumando fra le mie labbra, mentre il fumo entrava in quelli che teoricamente erano i miei polmoni, ma che praticamente erano solo una forma presa dal virus che scorreva nelle mie vene, per poi uscire pigramente dalle mie labbra nascoste sotto il cappuccio.
    Odiavo aspettare, ero abituato all'azione, non all'attesa, ma, per fortuna, quel supplizio non durò che pochi minuti, infatti la giovane fu piuttosto celere nel suo raggiungermi di fuori.
    Ed eccola li, a camminare prudente verso di me, forse spaventata, per quanto lo possa essere una persona che è comunque condannata ad una morte dolorosa, forse no, ma comunque una scintilla d'interesse riluceva nei suoi occhi.
    Una pistola nella sua mano, sicuramente la faceva sentire più sicura stringere fra le dita quell'inutile pezzo di metallo, ma per me era comê se reggesse un giocattolo.
    Quando si fermo a distanza di sicurezza da me mi venne da sorridere, mentre buttavo fuori un altra boccata di fumo...
    Allora, cosa vuoi?
    Mi chiese con un tono seccato, il timbro di voce ormai sicuramente cambiato dal fumo, basso e appena strascicato che mi fece quasi pensare se era saggio prendermi come alleata una che sarebbe potuta morire da un giorno all'altro.
    Aspirai ancora dalla sigaretta e, buttando fuori il fumo dal naso, mi girai verso di lei, sorridendo:
    La stessa cosa che vuoi tu cara Sherlock... informazioni, nient'altro che informazioni.
    Dissi senza smettere di sorridere.
    Io ho bisogno di te, e tu di me, insieme possiamo scoprire i piani della Majestic.
    Dissi scendendo dal mio appoggio e girandomi del tutto verso di lei.
    Tu sei un investigatrice, seguire le piste è il tuo mestiere, puoi trovare le persone che ci servono, sapere cosa fare, e chi cercare, con molta più efficacia di quanto possa farlo io, ma sei umana, legata a quel debole corpo delicato e malato, mentre io...
    Dissi mentre la mia mano destra andava ad alzare il cappuccio, rivelando il mio volto.
    Io invece, non ho quel problema.
    Dissi sorridendo, mente alcuni tentacoli uscivano e rientravano nel mio corpo, come dei serpenti che vi fossero annidati.
    Di sicuro avrai sentito parlare di me, dopotutto non ho certamente mantenuto un basso profilo, con le mie capacità, posso ovviare ai tuoi punti deboli, e insieme possiamo arrivare alla Majestic...
    Conclusi tirando un altro sbuffo di sigaretta.


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    Strinse automaticamente le labbra quando quelle del suo interlocutore si piegarono in un sorriso che di gentile non aveva nulla. Pronunciò il suo nome come se lo conoscesse sa una vita, con contorno di “quello che vuoi tu”. Sherlock era abituata ad avere tutto sotto controllo, i suoi piani andavano sempre per il verso giusto perché studiati nei minimi dettagli ma quell'uomo le faceva cadere la terra sotto i piedi. Il fatto che era a conoscenza del suo nome era forse la cosa meno grave, conosceva le sue intenzioni ed era quello a preoccuparla. Le ipotesi si affollarono ancora una volta nella sua mente, la più plausibile si fermò al centro, pulsando come il pacchetto di sigarette nella tasca e le dita che volevano mollare la pistola per andare ad avvolgersi intorno al corto stelo di nicotina.
    A quando diceva anche a lui interessava la Majestic e se fosse stato realmente così, allora non c'era molto da meravigliarsi che conoscesse Sherlock e i suoi scheletri nell'armadio. Una cosa difficile da scoprire sul suo conto però, era la sua malattia. Non lo sapeva nessuno a parte l'uomo da cui prendeva quelle pasticche per rallentarne l'effetto. Deglutì. Fu per un attimo tentata di spiegare che era lei a decidere quando morire, se avesse smesso di prendere quella pillola sarebbe morta, ma non l'avrebbe fatto fin quando non avrebbe scoperto ciò che le interessava. Lei non era limitata dalla sua malattia, era vero che non era del tutto in forma ma non aveva paura della morte e non aveva paura di morire da un momento all'altro, perché sarebbe stata lei a decidere il fatidico quando.
    La ragione parlò per lei restando immobile e zitta, senza emettere neanche un fiato continuò ad ascoltare quella voce, poco le sembrava umana, quel tizio non le sembrava affatto umano. Talmente tanto modificato da aver perso completamente la sua umanità?
    Alzò il cappuccio lasciando in sospeso una frase che nel momento stesso in cui l'aveva pronunciata aveva fatto scattare in Sherlock una serie senza fine di domande, palesò un volto dai tratti comuni, taglienti se non altro. Quando completò la frase Sherlock ebbe anche la sua risposta, indietreggiò alla vista di quei disgustosi tentacoli che sembravano fare banchetto della pelle di quella cosa che non osava definire uomo. Non poteva essere altro che un modificato all'eccesso, non si sarebbe potuta spiegare in altro modo una vista del genere.
    Deglutì ancora una volta indietreggiando fino ad accostare la sua schiena al muro dietro di lei. Nonostante i suoi gesti rivelassero la sua incredulità tentò comunque di mantenere un atteggiamento risoluto, ma le ci volle ugualmente un po' di tempo prima di riacquistare il dono della parola, si sentiva la gola secca e la bocca impastata come se si fosse appena svegliata, da un incubo. Cosa doveva fare? Ignorarlo? Andare via? Si trovava forse di fronte ad un'opportunità per andare avanti e scoprire finalmente qualcosa di concreto sulla Majestic?
    Prima di parlare fece un profondo sospiro, raddrizzò la schiena e sistemò la pistola nel suo fodero tenendo comunque una mano sempre pronta ad arrivarci in caso di necessità, aveva come l'impressione che una pistola non sarebbe bastata per abbattere quella cosa che aveva davanti. « Hai finito con l'auto-elogio? » sebbene si trovasse di fronte a qualcosa che non rientrava più nei canoni di un essere umano, Sherlock continuava ad agire a testa alta, avanzando qualche passo, un po' incerto, verso di lui « Voglio dei fatti, non mi bastano le parole ».
     
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  5. RoxasDark
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    Alex Mercer | Zeusjpg 28 anni apparenti | Modified-a | Maschio SCHEDA

    Suvvia Sherlock... non hai niente da temere in questo momento...
    Dissi vedendola indiettreggiare, per poi interrompere i tentacoli, che mutarono di nuovo, tornando pelle.
    È vero, posso sembrare alquanto spaventoso ad un primo impatto, ma se volessi farti del male lo avrei già fatto, non credi?
    Continuai finendo la sigaretta e spegnendola semplicemente stringendola in pugno.
    La ragazza sembrò calmarsi quel minimo indispensabile per continuare la conversazione, addirittura rinfoderò la pistola, anche se notai che la mano non si spostò affatto dall'impugnatura.
    Ripresasi del tutto, e con nuova spavalderia, una spavalderia che sinceramente ammiravo, la ragazza parlò nuovamente:
    Hai finito con l'auto-elogio? Voglio dei fatti, non mi bastano le parole.
    E intanto avanzava coraggiosamente verso di me.
    Sorrisi nuovamente, dei fatti, se voleva dei fatti, bastava chiedere, non c'era alcun problema, ma i fatti, si sa, derivano dalle parole, dalle storie, e quella storia era troppo lunga per essere raccontata in quel momento, almeno non tutta.
    I fatti Mayer? D'accordo... se ti serve una dimostrazione, o una prova per convincerti che un alleanza gioverebbe ad entrambe, allora osserva, ma non gridare, non voglio dover fare una strage che richiamerebbe solo inutili attenzioni.
    Dissi facendo le spallucce senza smettere di sorridere.
    Lentamente, il mio braccio destro mutò, diventando una spada di modeste dimensioni, che partiva direttamente dal mio gomito.
    Questo, è, ad esempio, ciò che potrebbe sopperire alla tua debolezza, senza offesa, mentre questo...
    Dissi mentre ora tutto il mio corpo mutava, prendendo la forma di uno scenziato della Majestic piuttosto conosciuto, apparso alcune volte in TV.
    ...è il come potrei raccogliere le informazioni, ho solo bisogno di qualcuno che mi trovi le prede, cioè tu, Sherlock.
    Dissi ora con la voce dello scenziato.
    Rimasi a guardarla sorridente ancora per qualche istante, e poi tornai alla mia forma originale, abbassandomi nuovamente il cappuccio sul viso.
    Vedi... io posso carpire facilmente qualsiasi informazione da chiunque, ma non sono bravo a trovare le persone, per questo mi servi tu.
    Dissi estraendo da tasca due sigarette e, dopo essermi acceso la mia, porsi a lei la seconda.
    E, giusto per la cronaca, io non vengo dai labortori della Majestic, ma da una società ben antecedente persino al Kumo-9.
    Dissi sorridendo.
    Accetta la mia proposta, e questa è un'altra informazione che avrai, uno dei più importanti eventi che hanno portato al Kumo-9 e in seguito alla Majestic, rifiuta... e morirai di cancro prima che tu possa scoprire qualsiasi cosa, la Majestic è astuta, ma io è te insieme possiamo esserlo di più, devi solo accettare.
    Dissi porgendole la mano, non doveva fare altro che stringerla, e l'accordo sarebbe stato siglato.

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    La sua frase fu tanto tagliente da ferirle l'orgoglio, effettivamente, ogni suo atteggiamento era affilato, dava l'impressione di essere uno che sapeva molto più di quanto Sherlock potesse soltanto immaginare. Ma lei era una persona diffidente per natura e tanti anni tra le file della polizia l'aveva resa ancora più guardinga verso il prossimo, in tempi come quelli dopotutto, la realtà ormai non era altro che la fantascienza che qualche anno prima sembrava impossibile e così continuava a progredire giorno dopo giorno, minuto dopo minuto, secondo dopo secondo, inarrestabile.
    Incrociò le braccia ora, allontanando la mano dalla pistola, aveva ragione, chi è tanto stupido da riferire così tante cose ad una che chissà, potrebbe anche riuscire a scappare. Era solo istinto di sopravvivenza quello che indugiava sulla sua mano, spingendola verso la pistola.
    Inarcò un sopracciglio in attesa della dimostrazione. Non si sarebbe mai aspettate nulla di così eclatante. Il suo avambraccio mutò completamente in un'arma, un affilato spadone nero dai riflessi brillanti, avrebbe voluto toccarlo per verificare che non fosse un'illusione che agiva sulla sua mente, per accertarsi della sua consistenza e del materiale che da pelle si era tramutato in un apparente metallo.
    Continuò con un'altra dimostrazione e quella volta fu tutto il suo corpo a tramutarsi in un altro, quello di una persona conosciuta, un vero personaggio importante per la società ma sopratutto un personaggio importante nella Majestic. Sherlock fece di tutto per non indietreggiare, ma i suoi occhi dicevano tutto: stupore, terrore verso l'essere con cui stava per stringere un patto. Abbassando il cappuccio tornò alla sua forma originale, che poteva anche non essere quella vera, ma soltanto quella con cui si era presentato a Sherlock, di uno così era impossibile fidarsi completamente, ma come poteva rifiutare un'offerta del genere, quello sapeva e sapeva molto. Non solo, aveva i mezzi per scoprire di più di quanto avrebbe scoperto Sherlock durante la sua breve vita.
    Quando le porse la sigarette le si illuminarono gli occhi di una luce pallida e inebriata, riusciva a sentire il profumo del tabacco anche a metri di distanza. Fece un passo lungo abbastanza da accorciare la distanza tra i due e prendere la sigaretta, dalla tasca sinistra con la rispettiva mano prese l'accendino e con uno scatto veloce accese la sigaretta infilandosela in bocca. Mise al suo posto l'accendino di metallo e aspirò freneticamente il fumo, si fermò nei polmoni che le bruciarono lievemente, un piacevole pizzicore lo definiva ormai lei, lo buttò fuori a mala voglia con uno sbuffo insoddisfatto.
    L'ultima informazione che le rivelò la incuriosì talmente tanto che decise al volo di accettare. Al diavolo tutto. pensò, decise di buttarsi alla cieca direttamente all'inferno. La mano pallida e fredda andò ad avvolgere quella dello straniero, quella di Sherlock era una stressa salda ma repentina, rispecchiava la sua diffidenza per il mondo circostante. Quella volta fu ancora più veloce perché nel momento in cui toccò quella pelle, quella stessa pelle che prima era mutata, un brivido le percorse il braccio e la costrinse a lasciare la presa, un brivido che le salì fino schiena scuotendole il corpo. « Accetto. » disse soltanto con un cenno del capo.
     
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  7. RoxasDark
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    Alex Mercer | Zeusjpg 28 anni apparenti | Modified-a | Maschio SCHEDA

    Sorrisi appena quando afferrò convulsamente la sigaretta, fumandola come un'eroinomane in crisi di astinenza, e il mio sorriso si allargò ulteriormente, diventando addirittura diabolico, quandola sua mano arrivò a stringere la mia, insieme al suo "Accetto", che mi confermò di aver colpito in pieno nella sua curiosità.
    Molto bene... molto bene...
    Dissi annuendo soddisfatto, sia di me che di lei.
    Direi che posso dirmi appagato, e pensare che se non ti avessi vista, me ne sarei andato, e probabilmente non ci saremmo mai incontrati.
    Dissi aspirando nuovamente dalla sigaretta.
    Ora... vediamo un po... abbiamo molte cose da fare...
    Dissi estraendo dalla mia tasca sinistra un videotelefono e porgendoglielo.
    Non è rintracciabile, è collegato direttamente col mio, e, anche nel caso di un intercettazione, la linea è cifrata, sentirebbero solo interferenze, ed è registrato con una linea di prestanome pressoche infinita, con per di più parecchi rinvii labirintici.
    Dissi lasciandolo nella sua pallida mano femminile.
    Usalo solo per contattare me, 24 ore su 24, sia che tu abbia informazioni, obiettivi, o sopratutto se sei nei guai, mi servi viva, e possibilmente non nelle grinfie della Majestic, perciò, al minimo accenno di pericolo, tu mi chiami.
    Continuai mentre tiravo un'altra boccata di fumo.
    Il tuo ruolo è semplice, devi trovarmi i nomi, a scoprire cosa sanno ci penso io, ma se non so da chi andare sono inutile, è quisto il tuo compito. Voglio anche muovere un sabotaggio contro l'agenzia, perciò, se riesci a risalire ad eventi o esperimenti importanti, fammelo sapere.
    Poi sorrisi nuovamente.
    E... a quanto ricordo... ora ti devo una storia...
    Dissi misterioso, già, la mia storia.
    Ma non quì, avvicinati.
    Le ordinai, e poi, senza nemmeno aspettare che fosse lei ad avvicinarsi a me, mi avvicinai io a lei, afferrandola per un fianco, per poi spiccare un balzo immenso subito dopo, atterrando sul tetto del palazzo in faccia al locale, almeno una cinquantina di metri da terra.
    Ecco... quì...
    Dissi adagiandola delicatamente sul tetto, per poi sedermi su una tubatura e accendermi una sigaretta, dato che il salto mi aveva fatto cadere quella di prima.
    Adesso, ascolta bene, odio ripetermi, e le domande fammele alla fine.
    E detto questo cominciai il mio racconto.
    Ti ho già detto che non sono un prodotto della Majestic, è stata la Gentek la responsabile della mia creazione, un'azienda biochimica nata a meta del 1900, la prima a sviluppare armi biologiche virali e a testarle sulle persone. In effetti, si può dire che io non sia un mutante, io sono un virus, il peggior virus da loro creato, il Blacklight. La Gentek ha pagato per ciò che mi ha fatto, non che lo volessero, io ero solo un ostacolo per loro, volevano uccidermi, ma sono tornato.
    Comunque, indagando ulteriormente, sono arrivato alla Chimitex, e in giappone, quando il Kumo-9 era già nell'aria. Io sono immune a questo tipo di cose, ma quell'esalazione non mi quadrava, e, dopo un paio di indagini, ho scoperto che effettivamente nel Kumo c'erano tracce dello stesso virus che ho in me, ma modificato, dopotutto una nebbia non uccide così in fretta per puro caso. Finita l'emergenza Kumo, ho visto la Majestic ergersi dalle rovine della Chimitex e del Giappone, e sono sicuro che anche loro stiano usando il Blacklight, non so come, non so se è per creare i modified, ma quel virus è troppo pericoloso per rimanere nelle mani di qualcuno che non sia io.

    Conclusi, spiegandole subito dopo, sinteticamente, che prima di tutto quello io ero uno scenziato biochimico, l'unico a saper ancora trattare con il virus.

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    Sanrei Miya jpg18 | bionic humans| gender-female | SCHEDA
    -Parlato da Sanrei-
    -Parlato da altri-
    "pensato"

    Ore undici e mezza operazione Crono.
    Per la Majestic era ora di prendersi una rivincita contro il soggetto chiamato comunemente Zeus, grazie ad una rete di agenti erano venuti a conoscenza della sua posizione, ciò che non quadrava era la presenza di un soggetto sconosciuto, chi fosse quest'individuo era un incognita ma non era comunque importante, ciò che importava invece era la missione semplice e complicata allo stesso tempo, uccidere Alex ad ogni costo, se ciò voleva dire coinvolgere dei civili non rappresentava un problema per la Majestic esperta nell'insabbiamento di ogni prova.
    Così erano stati inviati i migliori tiratori scelti per porre "fine" al problema Zeus o per morire provandoci.
    Fra questi vi era Sanrei, conosciuta per le sue abilità fuori dal comune nel calcolo e nel mantenere la calma, che si trovava sopra un palazzo di circa sette piani nascosta nel buio con addosso una tuta protettiva semi-aderente e con un visore notturno.
    Le parti metalliche dell'armatura non risplendevano minimamente alla luce della luna offuscata solo da qualche nuvola.
    Era il momento di prepararsi all'ingaggio, Sanrei si avvicinò ad una custodia per chitarre che si trovava lì per terra.
    La aprì e ne estrasse fuori un grande fucile di precisione con la canna smontata, in poco tempo vi montò una lunga canna silenziata e subito dopo dalla stessa custodia prese sette proiettili, anche se sapeva che aveva solo un tentativo.
    "Proiettili eplosivi, con questi una qualunque creatura vivente muore ma sò che non ho a che fare con qualcosa classificabile come vivo, la Majestic sà poco sul soggetto Zeus e il poco che sà non lo rivela così facilmente, è divertente sapere che di ciò che devo uccidere sò solo la forza e le capacità"
    Pensò Sanrei mentre inseriva il caricatore.
    Dopo aver tolto la sicura posizionò il fucile sul muretto che aveva davanti, si accovacciò cercando di mettersi il più comoda possibile per poi guardare attraverso il mirino telescopico/elettronico.
    "Pub 258 in vista, scansione satellitare termica effettuata, bersaglio individuato"
    Se Alex poteva cambiare aspetto questo non voleva dire che potesse sparire, fino a quando il satellite lo puntava lui non poteva fuggire dovunque andasse Sanrei non lo avrebbe perso.
    Ora la missione poteva iniziare, nel buio con addosso la sua tuta protettiva e con nei foderi le due desert era equipaggiata a dovere, ma prima di contattare il QG doveva controllare cosa si fosse portata nel marsupio che teneva legato alla vita.
    "Controllo inventario.... Munizioni pistola pesante presenti, flashbang presente coltello presente, tutto in ordine procedere con la missione"
    Sanrei sospirò per un momento per poi iniziare a parlare tramite il suo impianto.
    -Qui Bravo, qui Bravo, Charlie mi ricevete? passo.
    Una voce risuonò nella sua testa.
    -Qui Charlie ti riceviamo forte e chiaro-
    -Qui bravo, obbiettivo individuato, nome in codice Zeus, richiedo il permesso d'ingaggio-
    -Affermatio Bravo permesso accordato procedere con la missione, Charlie passo e chiudo-
    Ora era il momento della verità, doveva iniziare i calcoli che tanto l'avevano resa "famosa" in quell'agenzia senza scrupoli.
    Non era il momento per ripensamenti, la missione era ufficialmente iniziata.
    Strinse saldamente il fucile fra le sue mani coperte da dei guanti neri e avvicinò il suo occhio coperto dal visore notturno al binocolo.
    "Bersaglio, distanza 2107 metri angolo d'inclinazione 34,5 gradi, vento direzione est dieci nodi, spostare a sinistra di 0,1 gradi, velocità del proiettile 982 mentri al secondo tempo d'arrivo calcolando vento e inclinazione uno punto novanta secondi, velocità dell'obbiettivo zero, azzeramento impostato"
    Fece un altro profondo respiro per poi parlare a bassa voce fra se.
    -Io sono il proiettile, il freddo metallo-
    Mosse lievemente l'indice sul grilletto due volte per poi premerlo.
    Il suo volto inespressivo concentrato al massimo non variò al colpo che uscì dalla canna quasi silenziosamente, senza alcun lampo o luce.
    Era un ossimoro pensare che lei, desiderosa di distruggere la Majestric provasse ad uccidere chi aveva il suo stesso scopo, ma per sopravvivere era costretta a fare ciò che andava contro la sua stessa natura e se qualcuno doveva proprio rimetterci la vita era meglio che fosse una "persona" non esattamente umana, o almeno ciò si credeva di Zeus forse non con tutti i torti.







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    Edited by halo900 - 6/6/2012, 19:46
     
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    Si fermò ad enfatizzare la sua vittoria con un grande sorriso dallo stampo inquietante, Sherlock aveva iniziato a guardarlo di sbieco e non aveva mai finito di farlo, era impossibile evitare quello sguardo, quell'uomo non era più umano e Sherlock provava quasi una repulsione per lui. Odiava il suo corpo modificato a tal punto da lasciarlo morire di cancro, come avrebbe anche solo potuto provare a trattarlo come una persona qualunque? Il contatto con la sua pelle l'aveva fatta rabbrividire e i suoi occhi nascosti nella penombra del cappuccio non erano da meno, persino stargli a distanza ravvicinata le sembrava troppo.
    Ancora una volta rabbrividì al contatto, quando lui lasciò nella sua mano un videotelefono. Annuì senza rispondere all'elenco che le faceva presente: cellulare non rintracciabile perché quello è così e quell'altro e cosà, Sherlock si limitò ad ascoltare le cose che poteva comprendere come poche parole sparse. Storse le labbra quando le disse di chiamarlo in caso di guai, nonostante la ragione sopperiva all'orgoglio, anche quello era forte in Sherlock e non sopportava di essere trattata come una “fragile umana” come aveva detto lui, nessuno osava rivolgerle la parola perché sapevano sarebbe stata una seccatura, ma quell'uomo, se poteva esser definito così, si sentiva troppo superiore e di lei non aveva il benché minimo riguardo.
    Non che Sherlock fosse una persona così sentimentalista, l'unica cosa che le faceva stringere i denti era quell'atteggiamento odioso che aveva nei suoi confronti, essendo quasi sicura che non avesse poi tanti contatti con altri esseri umani, pensava che ci parlasse a tutti più o meno nello stesso modo: strafottente. Se avesse potuto gli avrebbe volentieri dato un calcio nei denti o qualcosa del genere.
    Mentre aspirava il fumo e lo tratteneva come al solito, più tempo possibile, nelle sue vie respiratorie, nella sua mente si lasciava abbandonare ad un sospiro, farsi troppi problemi sarebbe stato inutile e poco produttivo. Avrebbe ignorato quei suoi comportamenti.
    Continuò ad annuire per tutto il tempo, iniziando a pensare a quello a cui si sarebbe dedicata una volta arrivata a casa: notte di estenuanti ricerche per trovare qualcuno da spremere, il database della polizia non era forse quello più ricco di informazioni, ma conosceva altri metodi, dopotutto il suo distintivo era un lasciapassare per quasi tutto.
    Quando il discorso si spostò su quello che interessava a lei si fece più attenta sulla sua voce, tanto da inizialmente non accorgersi del suo avvicinarsi, si rese conto in ritardo del suo braccio intorno alla vita tanto che lasciò cadere la sigaretta per terra per la sorpresa. Vide poi il terreno allontanarsi ad una velocità tale da sentirsi compressa contro l'aria che sbatteva con la sua faccia e in pochissimi secondi si trovò ad un'altezza di circa 50 metri da terra, quando toccò di nuovo con i piedi per terra barcollò per qualche passo sentendosi spaesata dalla velocità con cui era stata spostata da un ambiente all'altro.
    Sbuffò. Dedicò completamente a lui uno sguardo quasi di rimprovero « Potevi almeno avvisare – sbottò – e dimmi il tuo nome. »
    Riprese equilibrio dopo poco ed incrociò le braccia gustandosi il retrogusto che la sigaretta le aveva lasciato sulla lingua. Per rispondere fece un cenno del capo insieme ad uno sbuffo, spostando lo sguardo verso il tetto dove stava poggiando i piedi, si guardò intorno per capire dove si trovavano e guardando il locale riuscì a comprendere che si trovavano sul tetto di un palazzo lì di fronte. Trovò anche subito la via di uscita, una piccola porta che dava probabilmente alle scale che scendevano. Alex iniziò a parlare e più parlava, più tutte le convinzioni riguardo alla sua natura ancora in parte umana cadevano irrimediabilmente. Lui non era affatto umano ma non era quello l'importante, sapendo quella storia ora aveva molto di più su cui basarsi per le sue ricerche.
    Quello che la distrasse fu il proiettile, che le passò tanto vicino al viso, abbastanza in modo che lo spostamento d'aria potesse smuoverle i capelli. Si voltò e capì subito che lo sparo proveniva dal palazzo alle sue spalle, istintivamente si preoccupò di ripararsi dietro una tubatura sporgente piuttosto larga ma senza dare un solo sguardo ad Alex, convinta che di certo non avrebbe avuto bisogno del suo aiuto. Ciò che le premeva era nascondere il suo volto al sicario che aveva evidentemente preso di mira Alex, non poteva di certo farsi scoprire così facilmente.
     
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  10. RoxasDark
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    Alex Mercer | Zeusjpg 28 anni apparenti | Modified-a | Maschio SCHEDA

    Calò un discreto silenzio quando finii di parlare, le mi guardava, e io, che non avevo più niente da dire ormai, aspettavo possibili sue domande, dopotutto una storia del genere avrebbe soscitato curiosità in chiunque.
    Ma le domande non arrivarono, stavo quasi per parlare io quando sentii un fischio lontano, veloce, letale, qualcuno mi stava sparando addosso, e, a giudicare dal rumore era un'arma di grosso calibro, non che potesse uccidermi, ma mi avrebbe fatto sprecare energie se mi avesse colpito.
    In un istante, portai il braccio di fronte a me, mentre mutava in un grosso scudo nero, duro come diamante, sulla quale il pericoloso proiettile, che scoprii essere esplosivo, si abbattè, facendomi slittare indietro di almeno un metro.
    Era sicuramente un cecchino, ma finchè rimanevo dietro il mio scudo non avrebbe potuto danneggiarmi oltre, e nemmeno vedere il mio corpo, ma solo un informe massa nera; il problema era che, con lo scudo, avevo poca mobilità.
    E per di più c'era Sherlock con me, se io potevo resistere ai proiettili, lei sarebbe morta dopo solo un colpo, di quei proiettili che erano sicuramente fatti per colpire me.
    Non potevo permetterlo.
    Dietro lo scudo il mio corpo cominciò a mutare, lentamente la mia pelle cominciò a squamarsi inizialmente, per poi diventare una più omogenea corazza, dello stesso materiale del mio scudo, solo più fine, avrebbe fermato comunque i proiettili, ma avrei subito l'esplosione.
    Subito dopo, lo scudo si restrinse e si allungo, diventando la mia letale spada, una diretta estensione del mio braccio.
    Cio che ero diventato non aveva più niente di umano, se non la sagoma, ero in una delle mie forme più forti, più distruttive e più spaventose.
    Non potevo vedere dove fosse il cecchino, ma con una semplice mutazione oculare, i miei occhi acquisirono una visione termica, e potei così vedere una parte della scia di aria calda che il proiettile si era lasciato dietro, il cecchino era troppo lontano, manon era un problema troppo grande.
    Trovato...
    Pensai soddisfatto mentre con la mano sinistra, ancora semi-umana, afferravo un grosso tubo della ventilazione che arrivava sul tetto, e lo strappavo, per poi lanciarlo con decisione lungo la stessa linea retta percorsa dal proiettile, deviandolo appena verso l'alto, in modo da avere una maggiore possibilità di colpirlo, anche se non ne ero sicuro, ma erano almeno una cinquantina di chili di metallo, abbastanza per far spaventare e spostare chiunque.
    Mentre il tubo ancora volava verso il suo bersaglio, individuai il calore del corpo di Sherlock e, con uno scatto disumano, mi spostai da lei, afferrandola da sotto le spalle e spiccando un balzo nella direzione opposta.
    Atterrammo una decina di palazzi più in la, quindi spiccai un altro salto che ci avrebbe portati dietro un palazzo, a terra, fuori dalla vista del cecchino.
    Appongiandola, cominciai a parlare:
    Vattene da quì, con un po di fortuna, non sanno che sei tu, prendi la Metro e fai qualche scambio, la sotto, in molti posti, il satellite non arriva, sopratutto nelle tratte più vecchie, fai perdere le tue traccie e NON andare a casa tua, se sanno chi sei sarà sorvegliata, prendi una stanza in un hotel.
    Dissi mentre camminavo all'indietro, dirigendomi nuovamente nel punto dove ero stato quasi fatto scoppiare, appena finii di parlare, cominciai a correre ad alta velocità, spiccando subito dopo un altro balzo, ancora più grande dei precedenti, e atterrando su un palazzo li vicino di almeno venti piani.
    L'avrei fatta pagare a quel cecchino bastardo, poi sarei tornato da Sherlock, e, grazie a lei, avrei conquistato la Majestic...
    La fortuna comuncia a girare...


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    Edited by RoxasDark - 6/6/2012, 20:37
     
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    Sanrei Miya jpg18 | bionic humans| gender-female | SCHEDA
    -Parlato da Sanrei-
    -Parlato da altri-
    "pensato"

    Il bossolo cadde per terra ai suoi piedi tintinnando, Sanrei guardò attraverso il binocolo il suo bersaglio mantenendo sempre una calma che caratterizzava le sue missioni più importanti.
    La morte di Zeus avrebbe causato molti problemi ai ribelli e avrebbe dato molte opportunità alla Majestic, ecco perchè non poteva fallire, il colpo doveva eliminare Alex o renderlo inoffensivo.
    Ma ciò che si presupponeva accadde. Alex rapidamente trasformò il suo braccio in un grande scudo che sfortunatamente per Sanrei resse al colpo scaraventandolo comunque di qualche metro indietro.
    "Niente male Zeus, sei veloce, potente ma questa volta ci siamo avvicinati un pò troppo al colpirti"
    Pensò Sanrei tenendolo ancora sotto tiro.
    Fu in quel momento che notò la seconda persona la quale al contrario delle aspettative non era stata attaccata da Alex, questo voleva dire che era un complice, un complice abbastanza sveglio vista la velocità con la quale si era coperto il volto, ma distrarsi per queste sottigliezze era inutile.
    Alex si spostò rapidamente verso la persona nascosta dietro ad una tubatura per poi cambiare forma, stava passando alla forma offensiva ma da quella distanza Sanrei non aveva motivo di preoccuparsi e così, sicura, sempre con il fucile in mano contattò il QG.
    -Qui Bravo mi ricevete passo?-
    -Qui Charlie affermativo, ti riceviamo forte e chairo-
    Era il momento di dire la classica frase che aveva ripetuto spesso in circostanze simili.
    -Effetto sul bersaglio negativo, ripeto effetto sul bersaglio negativo, richiedo il supporto dello squadrone Alpha e il permesso d'ingaggio a media gittata-
    Sapeva bene che inseguire Alex poteva essere pericoloso ma quella era un occasione rara, da prendere al volo.
    -Charlie ricevuto permesso accordato, Alpha sarà alla tua posizione fra due minuti-
    "Vediamo come reagirà il famoso Alex davanti allo squadrone di elicotteri, la missione Crono è studiata in ogni minimo dettaglio. Speriamo che questo incubo finisca presto "
    Pensò Sanrei che si preparò a sparare di nuovo contro il bersaglio il quale però preso un tubo della ventilazione lo lanciò verso di lei che reagì come al suo solito con una lunga serie di calcoli.
    "Calcolo traiettoria, eseguito, l'oggetto stà seguendo la traccia del colpo senza aver calcolato velocità vento decellerazione ed inclinazione, possibilità danni 5%, secondo tiro calibrazione eseguita"
    Sanrei si preparò a sparare un secondo colpo ma era troppo tardi, la velocità di quel nemico era eccessiva malgrado trasportasse un altra persona.
    Così prese il fucile gli mise la sicura e lo reinfilò nella custodia staccò la canna e mise tutto in ordine dopo ciò si alzò in piedi e si stiracchiò per un momento, i suoi capelli si mossero al colpo che l'edificio ricevette da quella trave di metallo.
    "Niente male, davvero niente male la Majestic non ha esagerato, il tubo ha percorso ben duemila metri per poi colpire la base dell'edificio, calcolando anche che vi è un altro edificio in mezzo più basso la potenza necessaria è piuttosto elevata. Alex a quanto pare facciamo bene a temerti"
    Ora la missione poteva continuare o essere abortita ma questo dipendeva solo dalla Majestic.
    Quanto era disposta a perdere l'agenzia per uccidere un solo uomo che si allontanava rapidamente inseguito al momento solo dal satellite?
    Le mani di Sanrei si posarono involontariamente sulle due desert che aveva nei foderi legati alle gambe.
    "Fino a quando sarò in missione io dovrò lottare"
    Era decisa, una decisione dettata solo da quel suo spirito di sopravvivenza che la faceva apparire tanto fredda in quelle circostanze.





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    Il viso di Sherlock sporgeva di poco da dietro la tubatura, inutile dire che ciò che le premeva di più in quel momento era nasconderlo e restare viva, per Alex era sicura che non ci fossero problemi e in ogni caso, anche se ce ne fossero stati, non era affar suo. Lei stava usando quell'essere, come lui stava usando lei, non c'era altro, neanche il primordiale istinto che le diceva di aiutarlo, come succedeva spesso nel suo lavoro, non per niente era una poliziotta e non aveva scelto quel lavoro soltanto per indagare sulla Majestic, per lo meno, all'inizio era stato così, ma col passare del tempo aveva cominciato ad apprezzare quell'emozione, nel sentire un “grazie” da un civile a cui hai appena salvato una vita.
    Quello però, non era il caso, infatti in pochi secondi il braccio di Alex mutò, con lo stesso procedimento che le aveva mostrato prima dietro il locale, ma questa volta non in uno spadone, bensì in un grande scudo che riuscì a bloccare il proiettile che si rivelò però essere esplosivo, appena al contatto con lo scudo infatti diede dimostrazione della sua forza maggiore sbalzando Alex qualche metro più indietro. Sherlock deglutì, era solo un essere umano e nonostante fosse pronta a vedere trasformazioni del genere nate dall'esagerata scienza, ancora non si era abituata ad Alex, al fatto che anche a lui serviva aiuto, aveva molto domande da fargli ma era stata distratta da quel cecchino.
    Il suo corpo mutò ancora, questa volta interamente, lei con la sua abitudine a studiare la situazione e tutto ciò che la circondava si fermò a fissare quella mutazione stando però ben attenta agli altri rumori intorno a lei, sopratutto perché un cecchino che aveva mancato il bersaglio poteva fare solo due cose: dare forfait oppure chiamare rinforzi. Ricapitolando, Alex era un bersaglio molto difficile, introvabile per via della sua capacità mutante, quella era un'occasione perfetta per cercare di prenderlo, dunque, no, non avrebbe abbandonato, avrebbe chiamato rinforzi perciò lei doveva andarsene da lì, doveva preservare l'integrità della sua copertura oltre quella di se stessa.
    Nel frattempo Alex si era totalmente trasformato in qualcosa di sicuramente più offensivo, lo scudo era diventato una spada, la stessa che le aveva mostrato precedentemente, mentre la sua pelle aveva assunto il colore e probabilmente anche la consistenza e le capacità difensive, dello scudo.
    Dopo aver lanciato una grossa tubatura nella direzione da dove era venuto il proiettile – la discrezione non sapeva cosa fosse eh? - con uno scatto di velocità sovrumana arrivò di fianco a lei, Sherlock aveva già capito che non avrebbe chiesto il permesso e aveva già capito cosa avrebbe fatto, quindi serrò gli occhi e si lasciò afferrare la sotto le spalle, dimenticandosi della terra sotto i suoi piedi e pronta ad essere trasportata da una parte all'altra, fu veloce tanto che non si accorse neanche di essere finalmente ma relativamente, al sicuro, per lo meno, lontana dalla vista del cecchino. Le disse tutto quello che già sapeva ma annuì comunque, dopotutto un po' di gratitudine gliela doveva, appena finito di parlare sparì dalla sua vista ad altissima velocità.
    Mentre si guardava intorno circospetta, uscì dalla scena dirigendosi verso la metropolitana. Si era cacciata in un casino più grande di lei ed ora non poteva assolutamente più uscirne, doveva essere il doppio più prudente.


    Potete continuare voi due ^^ grazie per la role~
     
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  13. RoxasDark
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    Alex Mercer | Zeusjpg 28 anni apparenti | Modified-a | Maschio SCHEDA

    Quando finalmente arrivai nel luogo precedente, o meglio, in vista del luogo precedente, vidi con stupore che non era più vuoto come prima, ma vi erano una mezza dozzina di elicotteri da guerra, armati con mitragliatrici coassiali, lanciamissili e Gatling Gun per i passeggiri.
    Inoltre parecchi soldati vestiti completamente di nero si stavano calando a terra e sui tetti.
    Toh... non male... mi ci voleva un po di allenamento...
    Pensai sorridendo sadico.
    Cominciai a correre, salendo su un muro e correndo su di esso, dalla quale spiccai un balzo sovrumano, diretto all'elicottero più vicino.
    Un pochi istanti, la mia mano sinistra perse anch'essa quel che le rimaneva di umano, diventando il mio utilissimo braccio frusta, una sottospecie di frusta allungabile con lame in cima.
    Girando in aria lanciai l'arto verso l'elicottero, afferrandolo per la coda, e, mentre la frusta si ritraeva, portandomi verso il velivolo a velocità folle, caricai un colpo colla spada e lo scaricai sulla punta del mezzo, tagliando via di netto un pezzo della cabina, e mutilando orribilmente gran parte dei passeggeri, nonchè il pilota.
    L'elicottero, che stava perdendo quota, era ancora ben saldo nella mia mano sinistra; con uno sforzo sovrumano, dopo essere atterrato su un tetto, lo scaraventai verso il secondo, aabbattendolo con una belllissima e pirotecnica esplosione di fuoco e fiamme.
    È tutto quì quello che la Majestic ha da lanciarmi contro? Un cecchino con proiettili finti e qualche giocattolo radiocomandato?
    Gridai scoppiando a ridere subito dopo in maniera folle.
    Aspirai una gran quantità d'aria e poi rilasciai un grido tonante, un richiamo per i miei compagni evoluti nelle vicinanze, ed infatti, dopo appena una decina di secondi, da due diverse direzioni piombarono due diversi evoluti provvisti di artigli, che si lanciarono contro i militari a terra.
    Non ci misi molto a raggiungerli, menando fendenti con la spada a chiunque fosse sul mio cammino.

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    ma ç.ç hime... lasci la role? xk????
     
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    Sanrei Miya jpg18 | bionic humans| gender-female | SCHEDA
    -Parlato da Sanrei-
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    Non passò neanche un minuto che il cielo si riempì di elicotteri che coprirono ogni cosa con un gran frastuono.
    Un dispiegamento di forze troppo consistente e giunto troppo in fretta, davvero la Majestic era stata in grado di fare una cosa del genere? Sanrei non ne dubitava o almeno non ne dubitò fino a quando dopo aver montato il fucile vide i soldati dispiegati tramite il binocolo. Vi erano decine e decine di uomini che caricavano con il corpo a corpo i due evoluti e Zeus, in più due elicotteri si avvicinarono al bersaglio a sufficenza per poter essere agganciati con la frusta e venir distrutti con estrema facilità. Sanrei assisteva inerme alla scena in attesa di nuovi ordini i quali non arrivavano.
    "Che cosa sta facendo la Majestic? l'operazione Crono non prevedeva un attacco del genere, dove sono i due tiratori scelti di supporto? Dove sono i mecha di contenimento? Perchè gli elicotteri da trasporto si sono avvicinati così tanto? Dov'è il supporto dell'AC 130 e infine che cosa stanno facendo le gunships?"
    Sanrei iniziava ad agitarsi, il dubbio risvegliava la sua parte più umana e quelle domande che si poneva non avevano una risposta così contattò il QG.
    -Qui Bravo, Charlie mi ricevete passo?-
    -Qui Charlie riceviamo forte e chairo-
    -Qui bravo richiedo aggiornamenti sulla missione, ho ancora il permesso d'ingaggio?-
    -Qui Charlie negativo, la missione è stata annullata ritorna alla base-
    -Ci deve essere un errore, stanno ancora combattendo vicino al bersaglio-
    La voce di Sanrei iniziò a farsi esitante.
    -Ripeto la missione è stata annullata, non possiamo fornirti ulteriori dettagli Bravo rientra alla base-
    Sanrei lasciò il suo fucile che aveva ripreso in mano, si alzò e continuò a parlare con un tono di voce più alto ma sempre moderato.
    -Cosa vuol dire che non posso avere ulteriori dettagli? Chi sono quei soldati che stanno lottando così ferocemente contro Alex? Ho il diritto di sapere cosa stà succedendo all'operazione Crono-
    -Negativo non possiamo fornire ulteriori dettagli, l'operazione Crono è fallita qui Charlie passo e chiudo-
    Sanrei non sentì più alcuna voce, guardò verso il cielo gli elicotteri che continuavano a dirigersi vberso Alex.
    Ora che la missione era conclusa poteva abbandonare quella fredda maschera, si sentiva inutile lei aveva fallito ed ora delle persone soffrivano così iniziò a parlare fra se con un tono di voce normale ma che nascondeva una certa tristezza.
    -Perchè? Dobbiamo fermare questa follia, non possiamo vincere contro un mostro del genere. Ed è tutta colpa mia, io che non sono riuscita ad eliminarlo con quel dannato proiettile-
    La sua voce fu subito soffocata dal rumore delle pale.
    Prese per terra il bossolo e lo strinse fra le dita, lei odiava chi faceva del male ed era per questo che lei faceva a sua volta del male.
    Tirò un sospiro, almeno ora la missione era finita ma come assassina non poteva accettare una fine del genere.
    Digrignò i denti e si rimise vicino al fucile.
    "Se non ho il permesso di colpire Zeus allora ucciderò quegli altri due mostri, calcolo in corso velocità bersaglio uno cordinate x34-y78 26 metri al secondo, distanza 1987 metri, angolo inclinazione 33,9 gradi vento proveniente da sud spostare di 1,3 gradi a destra azzeramento impostato, velocità colpo 982 metri al secondo tempo d'arrivo calcolando vento a favore e inclinazione uno punto settantatrè secondi"
    Sanrei premette il grilletto e al momento preciso uno dei due evoluti che era distratto nel combattere contro cinque di quegli strani uomini venne colpito in piena testa, la quale saltò in aria lasciandolo senza vita, i cinque uomini poi continuarono a sparare contro il cadavere fino a quando non divenne una massa inerme di sangue rappresato e di ossa rotte.
    Sanrei sapeva i rischi che stava correndo ma dopotutto lo stava facendo solo per risparmiare delle vite, e così uccideva con questa convinzione come se fosse una sorta di motivo valido per porre fine a delle vite, era il suo modo di agire, era il suo modo di fare il classico calcolo delle possibilità di sopravvivenza.
    "meglio uccidere oggi ciò che potrà ucciderti un domani"
    Pensò freddamente.






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  15. RoxasDark
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    Scusa, non mi ero accorto della tua risposta ^^"



    Alex Mercer | Zeusjpg 28 anni apparenti | Modified-a | Maschio SCHEDA

    Era un massacro, spruzzi di sangue che volavano ovunque, partendo dai corpi mutilati dei poveri soldati, i loro arti cadevano a terra, tranciati dalle armi mie e dei miei evoluti, mentre quelli ancora in grado di combattere cercavano di arginarci, sparandoci addosso il più possibile.
    Ma i proiettili convenzionali sono pressochè inutili contro gli evoluti del Blacklight, e le Majestic Task Forces non facevano altro che cadere come mosche.
    Quando sentii un' altro sparo del fucile che prima avevano tentato di usare per colpire me, stavo divorando senza pietà un soldato urlante, feci solo in tempo a voltarmi e a vedere la testa di uno dei miei compagni esplodere edd il suo corpo accasciarsi a terra, incapace di rigenerarsi a sufficienza per sopravvivere, alla merce dei mitra militari che continuavano a infierire sul suo corpo, martoriandolo oltre ogni immaginazione.
    Anche se era debole, la perdita di un evoluto rappresentava per me un grosso problema, nessuno poteva permettersi di uccidere la mia specie: il mio braccio sinistro mutò in una frusta, e, con un singolo movimento, colpii i soldati che stavano infierendo sul cadavere dell'evoluto, falciando i loro corpi a meta lungo un asse orizzontale, condannandoli ad una morte dolorosa.
    Il mio secondo compagno era a sua volta in difficoltà: letteralmente sotto una pioggia di proiettili, non riusciva a fare altro che difendersi ed indietreggiare, senza poter reagire in alcun modo.
    Un vero peccato, anche perchè non potevo aiutarlo, dato che mi ero appena accorto di tre fottuti militari che mi puntavano addosso tre ugualmente fottuti lanciamissili.
    Sarei potuto sopravvivere all'esplosione, ma probabilmente non sarei stato in grado di combattere ancora in seguito, e forse nemmeno di scappare.

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    Se vuoi far arrivare i mech e le gunship fai pure, visto che non ho capito come vuoi continuare...
     
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15 replies since 3/6/2012, 15:11   277 views
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